Pubblico, privato o ibrido: che tipo di cloud ha la tua azienda? Fino a qualche anno fa probabilmente sarebbe bastata una sola risposta: oggi però non è più così semplice.
In effetti, un tempo gli esperti pensavano che i cloud pubblici (Amazon, Google, Microsoft e simili) avrebbero reso obsoleti i private cloud e i datacenter on-premise. Gli specialisti del settore credevano che spostare tutto sul cloud pubblico avrebbe offerto una scalabilità e un ROI che avrebbero reso ridondante — o addirittura inutile — qualsiasi altra infrastruttura.
Queste previsioni si sono rivelate un po' troppo entusiastiche, visto che il 92% delle aziende adotta una strategia multicloud (come indicato nel rapporto del 2021 sullo stato del cloud di Flexera). A complicare ulteriormente le cose c'è il fatto che le aziende hanno ancora carichi di lavoro mission-critical in esecuzione on-premise, in particolare in settori come quello ingegneristico, della sicurezza informatica e delle scienze della vita, nei quali i set di dati vasti e complessi e i calcoli matematici sono la norma. Infatti, con l'eccezione di poche (ma sempre più numerose) aziende la cui operatività è stata sempre e interamente basata su cloud, la maggior parte delle organizzazioni utilizza software e applicazioni che non possono essere facilmente spostati in un ambiente cloud differente o sostituiti con alternative cloud-native.
I costi sono un altro motivo per cui le organizzazioni possono decidere di non migrare le applicazioni al cloud pubblico: sebbene questo tipo di cloud offra flessibilità e permetta implementazioni rapide — fattori molto utili per determinare un vantaggio competitivo — le implementazioni on‑premise sono in genere più convenienti, soprattutto per i carichi di lavoro stabili e prevedibili.
Attualmente quasi tutte le organizzazioni usano una combinazione di risorse on-premise, cloud pubblici e private cloud, e per l'85% delle aziende il cloud ibrido è il modello operativo ideale. Le aziende con carichi di lavoro distribuiti tra ambienti pubblici e privati sono alla ricerca di soluzioni per snellire e semplificare la gestione e le operazioni, ottimizzare l'uso delle risorse sui vari cloud, e accelerare il time‑to‑value per gli ambienti cloud ibridi.
La via più semplice e veloce verso il cloud ibrido
L'infrastruttura iperconvergente (HCI) è entrata in scena nel 2012 come soluzione capace di ridurre la complessità degli ambienti tradizionali basati su SAN astraendo lo storage e integrandolo in un ambiente software-defined, rendendo così possibile l'assegnazione di pool di risorse di storage alle applicazioni in modo dinamico e in base della domanda.
Ora c'è il cloud. Sebbene il cloud pubblico offra elasticità, facilità d'uso e ottimizzazione dei costi, può anche far crescere drasticamente la spesa. Le VM nel cloud pubblico sono spesso sottoutilizzate e le organizzazioni finiscono per sprecare denaro tra oversubscription, storage tiering e istanze inattive. Eseguire sui servizi bare-metal su cloud pubblico l'HCI risolve questo problema, permettendo di condividere le risorse sottoutilizzate e di ibernarle e ripristinarle a seconda delle necessità. Lo specialista del ROI, Steve Kaplan, tratta questo argomento in modo approfondito nel suo recente articolo su DataCenter Knowledge.
Oltre all'ottimizzazione delle risorse, l'HCI 2.0 — la nuova generazione di infrastrutture iperconvergenti — bilancia le funzionalità sia del private cloud che del cloud pubblico. L'HCI 2.0 offre un percorso più semplice verso il cloud ibrido poiché accelera il time-to-value semplificando le operazioni e la gestione, garantendo allo stesso tempo la business continuity e aprendo la strada all'innovazione. Ecco come funziona:
- Semplifica le operazioni e la gestione: gestire insieme più cloud sia privati che pubblici e in più le risorse locali è impegnativo, complesso e costoso. Senza l'automazione si è costretti a configurare le piattaforme e migrare i carichi di lavori manualmente durante l'implementazione, ma molti team non hanno le competenze necessarie per farlo. Infatti, uno studio ha rivelato che la mancanza di risorse e competenze costituisce una delle principali criticità del cloud per il 79% delle aziende. La gestione di architetture diverse con strumenti diversi è inefficiente, e orchestrare il flusso di dati tra i cloud è complicato. Anche la pianificazione e la gestione della capacità o il controllo dei costi tra le varie piattaforme è particolarmente complesso.
Consolidando la gestione di tutte le risorse cloud e on-premise in un'unica console, l'HCI ti offre sia l'elasticità del cloud che il controllo e la sicurezza dell'infrastruttura on-premise e ti permette di gestire tutto in maniera centralizzata ed efficiente. È possibile implementare istanze di cloud pubblico senza dover riprogettare le applicazioni o dover assumere altro personale IT altamente specializzato. Anche le VM possono essere spostate facilmente tra i cloud, il che libera le aziende dalla dipendenza da API e strumenti di provider specifici. - Garantisce la business continuity grazie al self-healing: l'accesso ai dati business-critical è essenziale per la business continuity, ma se una SAN esterna o un dispositivo di storage collegato alla rete si guasta, le VM vanno offline. Con l'HCI, la ridondanza dei dati permette accessibilità continua anche in caso di guasti dell'host dovuti a problemi hardware, calamità o errori dell'utente. L'HCI si ripristina molto più velocemente dai guasti rispetto allo storage SAN tradizionale perché il rebuild è distribuito su tutto il cluster: è infatti in grado di astrarre tutto lo storage connesso direttamente e presentarlo come storage virtuale, replicando quindi i dati tra gli host. Un guasto a un host non è un problema: si può accedere ai dati dagli altri host mentre vengono ripristinate le repliche e le VM vengono riavviate automaticamente, garantendo il funzionamento delle applicazioni e la business continuity.
- Apre la strada all'innovazione: l'HCI permette ai team IT di ridurre i costi per l'hardware, semplificare e centralizzare la gestione, automatizzare la manutenzione ordinaria e scalare i servizi in modo dinamico e strategico, liberando così enormi quantità di tempo e denaro che possono essere dedicate all'innovazione. Se servono risorse IT quali storage, elaborazione e networking per supportare il lavoro di sviluppo, è possibile scalare facilmente e velocemente per soddisfare queste esigenze. Si può aggiungere capacità e aumentare le prestazioni secondo necessità, e poi ridimensionarle rapidamente e facilmente quando le priorità cambiano o quando emergono nuove iniziative.
Secondo le ricerche di Nutanix, l'87% dei decision maker conferma l'impatto positivo che il cloud ibrido ha avuto sulle loro aziende. Ma molte aziende ancora non si rendono conto del valore effettivo del cloud ibrido perché hanno difficoltà di implementazione e gestione, hanno poche risorse, o non possiedono le competenze specialistiche necessarie. L'HCI spazza via questi ostacoli e mette a disposizione delle aziende tutta la potenza del cloud ibrido.
È improbabile che i datacenter scompaiano a breve ed è chiaro che il modello ibrido è una realtà consolidata in ambito cloud. Le aziende che adottano l'HCI saranno in grado di ricavare il massimo valore dagli ambienti cloud ibridi più rapidamente e con minor fatica, rischi e costi.
Scopri l'infrastruttura intelligente Nutanix per l'era del cloud.
“Le VM nel cloud pubblico sono spesso sottoutilizzate e le organizzazioni finiscono per sprecare denaro tra oversubscription, storage tiering e istanze inattive”.